Gilgamesh
addolorato ricerca la vita
Gilgamesh,
per Enkidu, il suo amico, piange amaramente, vagando per la
steppa: "Non sarò forse, quando io morirò, come Enkidu?
Amarezza si impadronì del mio animo, la paura della morte mi
sopraffece ed io ora vago per la steppa; verso Utanapishtim, il
figlio di Ubartutu,ho intrapreso il viaggio, mi muovo veloce colà.
Di notte ho raggiunto passi montani. Ho visto leoni e ne ho
avuto paura, ho alzato allora la mia testa rivolgendo la mia
preghiera a Sin; //alla più grande tra gli dei è rivolta la
mia prece: "//da questo pericolo fammi uscire sano e
salvo!". Di notte egli dormì ma fu svegliato di
soprassalto da un sogno: // gioivano della vita alla luce di
Sin. Allora egli prese l'asta nella sua mano estrasse la spada
dalla sua guaina, e si buttò su di essi come una freccia, li
colpì e li disperse. Allora // a mezzogiorno. Egli gettò via
// vi scolpì // il nome del primo // il nome del secondo //
L’incontro
con gli uomini-scorpione
Il nome della montagna è Mashu. Appena egli giunse alla montagna
Mashu: - coloro che giornalmente stanno a guardia dell'uscita e
dell'entrata: sopra di loro grava la volta celeste, al di sotto
l'Arallu tocca il loro petto - uomini-scorpione stanno a guardia
della sua porta, la paura che essi incutono è enorme, nel loro
sguardo c'è la morte, il loro grande terrore riempie le
montagne, essi stanno a guardia del sole nel suo sorgere e nel
suo tramontare. Allorché Gilgamesh li vide, per la paura e per
il terrore il suo sguardo si annebbiò. Egli si fece forza e si
chinò davanti a loro. L'uomo-scorpione si rivolge a sua moglie:
"Colui che è venuto da noi: il suo corpo è carne degli
dei". La moglie dell'uomo-scorpione gli risponde: "Per
due terzi egli è dio, per un terzo è uomo".
L'uomo-scorpione dice, a Gilgamesh, progenie degli dei, rivolge
la parola: "Chi sei tu che hai percorso vie lontane, hai
girovagato, finché non sei giunto alla mia presenza,
attraversando con affanno persino correnti d'acqua travolgenti?
// Vorrei volentieri sapere il perché del tuo viaggio; colui
verso il quale il tuo sguardo è rivolto, (desidererei)
volentieri conoscere". Gilgamesh //:
"Da Utanapishtim, mio antenato voglio recarmi; colui che
entrò nella schiera degli dei, che trovò la vita, sulla vita e
sulla morte voglio interrogare". L'uomo-scorpione aprì la
sua bocca e disse, così parlò a Gilgamesh //: "O
Gilgamesh, a nessun uomo ciò è mai riuscito! della montagna
nessuno ha mai attraversato le sue viscere, il suo cuore è buio
per dodici doppie ore, densa è l'oscurità, non vi è la luce!
Verso il sorgere del Sole // verso il tramonto // verso il
tramonto // hanno fatto uscire // "I miei muscoli sono
rigidi, il mio volto, per il caldo e per il freddo, è livido,
per la fatica ho perduto le mie forze, ed ora tu //".
Un
viaggio nelle profondità della terra
L'uomo-scorpione aprì la sua bocca, e rivolse a Gilgamesh, re di
Uruk, la parola: "Va', Gilgamesh, non temere! Le montagne
Mashu ti apro, le montagne, le colline attraversa senza paura!
Sano e salvo possano i tuoi piedi portarti a casa; alla grande
porta di Uruk tu possa ritornare". Appena Gilgamesh ebbe
udito ciò, seguì il consiglio dell'uomo-scorpione, egli entrò
nella porta della montagna seguendo la via di Shamash. Egli ha
percorso una doppia ora //: densa è l'oscurità, non vi è
alcuna luce. Non gli è concesso di vedere nulla dietro di sé.
Egli ha percorso due doppie ore //: densa è l'oscurità, non vi
è alcuna luce. Non gli è concesso di vedere nulla dietro di sé.
Egli ha percorso tre doppie ore //: densa è l'oscurità, non vi
è alcuna luce. Non gli è concesso di vedere nulla dietro di sé.
Egli ha percorso quattro doppie ore //: densa è l'oscurità,
non vi è alcuna luce. Non gli è concesso di vedere nulla
dietro di sé. Egli ha percorso cinque doppie ore //: densa è
l'oscurità, non vi è alcuna luce. Non gli è concesso di
vedere nulla dietro di sé. Egli ha percorso sei doppie ore //:
densa è l'oscurità, non vi è alcuna luce. Non gli è concesso
di vedere nulla dietro di sé. Egli ha percorso sette doppie ore
//: densa è l'oscurità, non vi è alcuna luce. Non gli è
concesso di vedere nulla dietro di sé. Dopo aver percorso otto
doppie ore, egli prosegue: densa è l'oscurità, non vi è
alcuna luce. Non gli è concesso di vedere nulla dietro di sé.
Dopo aver percorso la nona doppia ora, egli avverte il vento del
nord; // gioisce la sua faccia densa è l'oscurità, non vi è
alcuna luce. Non gli è concesso di vedere nulla dietro di sé.
Dopo aver percorso la decima doppia ora, // egli comprende che
l'uscita è vicina; ma gli restano ancora da percorrere quattro
doppie ore. Dopo aver percorso l'undicesima doppia ora, egli uscì
davanti al Sole.
Gilgamesh
nel giardino del dio Sole
Dopo aver percorso la dodicesima doppia ora, ecco risplende la
luce! Egli è sbalordito di vedere ogni specie di alberi di
pietre preziose: la corniola porta i suoi frutti, una vite è
appesa ad essa, bella da ammirare. Il lapislazzuli porta foglie,
anch'esso porta frutti piacevoli da ammirare. // cedri // le sue
fronde sono piene di pietre bianche, legno di mare //
calcedonio,come fossero arbusti e cespugli fiorisce la corniola,
il carrubo egli prende in mano ed ecco è calcedonio, gemme,
ematite // dovizia e ricchezza egli può ammirare come //
turchese; del canneto // in riva al mare ha // pieno di
abbondanza. Gilgamesh gironzolando per questo boschetto, alza i
suoi occhi verso di // lei, Siduri, la taverniera che vive
(lontano), sulla riva del mare.
|