I Sumèri

Storia classica:
Antica popolazione della bassa Mesopotamia che si ritiene si sia ivi stanziata provenendo da lontano, o via mare o più probabilmente scendendo dai monti dell'altopiano iranico per mettere a coltura una regione per sua natura acquitrinosa. L'arrivo dei Sumeri non è precisamente databile; dall'analisi dello sviluppo culturale della zona si è propensi a situarlo all'inizio del periodo detto di Uruk (fine IV millennio a. C.). In tal caso le principali innovazioni tecnologiche e culturali che caratterizzano la civiltà sumerica (dalla scrittura all'architettura monumentale e a tutti gli elementi della "rivoluzione urbana" al suo stadio maturo) non sarebbero stati portati con sé dai S. ma progressivamente elaborati sul posto. Nella bassa Mesopotamia i Sumeri coesistevano con altre popolazioni: gli Accadi semitici, provenienti da ovest, e probabilmente una popolazione di sostrato, postulata in base a elementi non sumerici. In questo quadro composito, i Sumeri avevano una netta prevalenza numerica, politica e culturale nelle città del sud (Eridu, Ur, Uruk, Lagas, Umma, Suruppak, Nippur, ecc.), diminuendo verso nord dove prevalevano gli Accadi (Kis, Esnunna, Assur, Mari, ecc.). Tra le varie città erano frequenti gli scontri, ma non sembra che essi avessero una base nelle diversità etno-linguistiche, ma solo in fattori territoriali ed economici. Inoltre, mentre gli Accadi erano rinforzati da ulteriori infiltrazioni di genti semitiche, i Sumeri, isolati, tendevano a diminuire e a essere assimilati, specialmente a partire dal 2350 a. C. (dinastia di Akkad). Si considerarono perciò più propriamente sumerici certi tratti culturali caratteristici del sud rispetto al nord (come lo sviluppo della proprietà templare a scapito di quella familiare) o caratteristici della fase preaccadica (come la concezione del dio quale proprietario dell'azienda agricola che è la città-tempio, gestita per suo conto dal re). È però discutibile rinviare a differenze etniche la distinzione tra una cultura sumerica e una accadica, quando i due elementi contribuirono insieme a costituirla progressivamente. Differenze regionali e diacroniche sono da considerare normali e attribuibili a motivi interni.


H. C. Rawlinson

Il maggiore inglese H. C. Rawlinson (1810-1895) fu il geniale decifratore
delle scritture cuneiformi. Nel 1846 portò a compimento la decifrazione del
persiano antico grazie alle iscrizioni trilingui della roccia di Bisotun in Iran,
nonché sulla scorta della sua conoscenza delle lingue orientali moderne.
Rischiando la vita, ricopiò le iscrizioni con le imprese del re Dario incise
a 100 m d’altezza: «In piedi sull’ultimo gradino di una scala, senz’altro
sostegno che il mio corpo tenuto il più vicino possibile alla roccia con l’aiuto
del braccio sinistro, ricopiai in questo modo (...) e la passione per il mio lavoro
mi liberò da ogni sensazione di pericolo».

                    Roccia di Bisotun

Letteratura
I testi letterari in lingua sumera, consistenti in tavolette fittili ed epigrafi su pietra, abbracciano un periodo di tempo che, partendo pressappoco dal 3000 a. C. (IV strato di Uruk), si estende fino alla scomparsa della civiltà mesopotamica. Per lo studio di essi occorre attenersi preferibilmente al criterio dei generi letterari. Si considerano come generi i testi storici, gli inni, gli scongiuri, i miti, i carmi epici, la letteratura sapienziale. I componimenti, privi di veri titoli, venivano designati dalla tradizione sumera con le prime parole del testo. Fra i primi documenti sono le iscrizioni di carattere storico, come la dedica del re Urnanshe al dio Ningirsu, assai schematica, o l'epigrafe della Stele degli avvoltoi di Eannatum re di Lagas, più complessa. Molto antica è la Lamentazione per Lagas, che ricorda con elenco monotono ma commovente le distruzioni degli edifici sacri subite a opera di Lugalzagghisi di Umma. Il testo degli inni, che ebbero carattere sacro e rituale, è spesso fornito di note relative al tipo del canto e all'uso degli strumenti musicali che lo accompagnavano durante le cerimonie pubbliche. Notevole è l'inno dedicato a Inanna, la Ishtar dei Babilonesi, celebrata come divinità del piacere e della guerra. Fra gli inni indirizzati ai templi è interessante la Descrizione di una festa all'Ekur (nome del tempio) in Nippur, in cui è rappresentata con efficacia l'animazione festiva. Composizioni d'importanza poetica oltre che rituale sono gli scongiuri, rivolti specialmente contro demoni e spiriti cattivi, responsabili di malattie e di sofferenze. I miti, canti epico-religiosi collegati con le cerimonie del culto, hanno talora carattere cosmogonico e preannunciano quelli in lingua accadica come l'Enuma elish. Molto interessante fra i miti è il poema di Ziusudra, una specie di Noè mesopotamico, che si salva dal diluvio per mezzo di un'immensa nave. Fra i carmi epici hanno particolare importanza Gilgamesh e la terra della vita, Morte di Gilgamesh, ecc. Alla letteratura sapienziale appartengono raccolte di proverbi e di massime, non sempre facilmente intelligibili, e componimenti detti adamanduga, cioè dispute concettuali, come tra estate e inverno, tra zappa e aratro, tra bue e cavallo. Durante il cosiddetto rinascimento sumero, ai tempi della III dinastia di Ur (2112-2004 a. C.), per il quale si hanno documenti con annotazioni di carattere cronologico (come l'identificazione di un anno con un avvenimento dinastico-religioso) furono composti inni encomiastici ai sovrani, come quello per il re Sulgi, contenente lodi della sua forza e della sua giustizia. Nello stesso periodo si distinse Gudea, re-sacerdote di Lagas, a cui appartengono iscrizioni celebrative della pietà religiosa e dello spirito pacifico del sovrano e, fra l'altro, un inno comunemente denominato Sogno di Gudea, contenente gli ammonimenti del dio Ningirsu per la costruzione e l'inaugurazione del suo tempio e la descrizione dell'opera infaticabile del re. Questo testo è la più lunga composizione sumera a noi giunta. Malgrado la decadenza politica, i Sumeri mantennero il loro dominio culturale durante il II millennio a. C. e la loro lingua continuò a essere usata in sede letteraria, benché non fosse più parlata. Testi sumeri vennero trascritti nei sec. XV, XIV, XIII a. C. anche fuori del territorio mesopotamico, accompagnati talvolta dalla traduzione babilonese.


Statua di Gudea con un vaso straripante: seconda dinastia di Lagash, Tello (anticamente Girsu) calcite. Altezza 62 cm Museo del Louvre Parigi.

  

 

Stele di Bagdad

Arte 
L'arte sumerica si svolse attraverso quattro fasi: predinastica (3100-2900 ca.), protodinastica (2900-2400), accadica (2375-2180; v. Akkad), neosumerica (2112-2004), per proseguire poi nella cosiddetta arte babilonese (v. Babilonia). Il materiale reperito, per quanto scarso, permette di valutare la grande originalità formale e figurativa di quest'arte, al di là delle influenze iraniche o centrasiatiche. Al periodo predinastico risalgono i primi esempi di un'architettura monumentale religiosa, rispondente nei suoi caratteri alla concezione mesopotamica secondo la quale la città apparteneva a una divinità da cui derivava il suo benessere. Esempi tipici di questa architettura, realizzata in mattoni d'argilla (per la scarsità di pietra) sovrapposti a costituire massicce mura, sono il tempio di Eridu e, più significativo per grandiosità e strutture, il Tempio Bianco di Uruk (Warka), dedicato ad Anu, formato da una cella con nicchie e innalzato su una piattaforma di 15 m cui si accedeva tramite una scalinata. Già attraverso questi monumenti predinastici si venne configurando quella struttura che fu poi tipica di tutta l'area mesopotamica, della ziqqurat, torre a gradini creata dal sovrapporsi di piattaforme decrescenti in una ricerca di elevazioni che rispondeva a precise esigenze religiose: questa sorta di "montagna sacra" infatti costituiva il mezzo di comunicazione tra l'uomo e il mondo delle divinità. Nel periodo protodinastico il tempio divenne un centro non solo religioso ma anche economico e si arricchì di magazzini, botteghe artigiane, uffici, ecc. Solo al tempo della III dinastia di Ur (2112-2004) apparve anche il palazzo regale e nello stesso tempo si fissò la tipologia classica della ziqqurat (templi di Ur, Ur-Nammu, Larsa, ecc.). Notevoli documenti provengono dal campo dell'arte figurativa. I primi sigilli a cilindretto recano scene agresti, di sacrifici, di battaglie rese con vivace naturalismo, esempi di un'arte destinata ad avere una grande fioritura anche in seguito. Accanto ai sigilli si trovano opere più impegnative, come il vaso cilindrico di alabastro di Uruk (Museo di Baghdad); le tazze e i vasi rituali in pietra con vigorosi altorilievi di tori e leoni; la maschera di Uruk nota come "dama di Warka", in alabastro, di superba tensione geometrico-realistica. Solo nel periodo protodinastico compaiono le statue, eseguite in diversi materiali (marmo, diorite, gesso o altro), nella tipologia unica dell'offerente in preghiera davanti alla divinità. Esempi illustri sono le statue di Tell Asmar, dallo stile plastico geometrico che trae speciali risorse dalle rigide barbe trapezoidali, dai grandi e ieratici occhi sbarrati, dalle rigide gonne, come pure quelle, sempre raccolte nel severo modulo della statua-blocco, rinvenute a Mari, Lagas, El Obeid (Louvre, Museo di Baghdad, British Museum). Anche nel campo della scultura a rilievo in pietra si possono enumerare opere di estremo interesse, come la cosiddetta Stele degli avvoltoi, che illustra la vittoria del re Eannatum su Umma, o quella, già del periodo accadico, di Naram-Sin, impostata su una linea ascensionale che tende a esaltare la figura del sovrano posta alla sommità. Il serrato stile sumero si afferma anche nelle incisioni del vaso d'argento di Entemena (Louvre), nei tori in rame del tempio di El Obeid (British Museum) e nei bronzetti. Di grandissimo interesse per la documentazione che offrono sull'abilità dei S. nella lavorazione dei metalli e nell'arte dell'intarsio, sono gli oggetti preziosi ritrovati nelle tombe di Ur, in oro e argento con intarsi di lapislazzuli, calcare rosso, conchiglie di madreperla; celebre lo "stendardo" a due facce, con scene di trionfo e banchetto su tre registri. Con la rinascita del mondo sumerico, le nuove ambizioni monumentali improntano sia architettura sia scultura. Accanto alle tradizionali statue di oranti, ora in grandezza naturale, di grande interesse sono le statue-ritratto, tra cui quelle di Gudea di Lagas (ca. 30) e di Ur-Ningirsu, dove l'abituale stereometria tende ad addolcirsi in un gusto più descrittivo. La simbologia animale persiste nelle statuette di tori androcefali coricati (Museo di Baghdad e Louvre), prototipi del genio guardiano assiro. Tradizionalmente collocata tra le arti minori è la produzione sumerica di gioielli in metalli preziosi.


La storia: GILGAMESH, nella mitologia mesopotamica, l'eroe più famoso. Il suo mito è stato fissato in forma di poema epico nell'Epopea di Gilgamesh, giunta a noi in redazioni diverse e in frammenti di varia epoca: i testi più antichi sono del III millennio a. C. e in lingua sumerica; i più recenti sono traduzioni semitiche (babilonesi e assire) ma non prive di una loro creatività e indipendenza dall'originale. Nell'Epopea Gilgamesh, appare come un re di Uruk, legato in amicizia a Enkidu, altro fortissimo eroe. I due lottano per l'immortalità, ma si tratta ancora dell'immortalità in senso eroico: il conseguimento di imprese la cui fama sopravviva alla breve permanenza su questa terra. Poi Enkidu muore e Gilgamesh, affranto dal dolore, vorrebbe riportarlo in vita. Gli si pone così il problema dell'immortalità in senso concreto, ossia della lotta contro la morte stessa. Si mette alla ricerca dell'unico uomo che abbia potuto sfuggire alla morte: Utnapishtim, l'unico scampato al diluvio (secondo la versione babilonese). Lo trova dopo avventure d'ogni genere e ottiene da lui solo un surrogato dell'immortalità, una pianta che ha il potere di far ringiovanire. La vera immortalità – gli rivela Utnapishtim – è soltanto quella degli dei. La pianta magica sarà rapita a Gilgamesh da un serpente e l'eroe resterà sconfitto dall'ineluttabilità della morte, carattere proprio alla condizione umana. Oltre che dell'Epopea, Gilgamesh è protagonista di altri poemetti che, come La morte di Gilgamesh, Gilgamesh Enkidu e gli Inferi, ecc., sviluppano temi o episodi del grande poema epico. La posizione di Gilgamesh nei confronti della morte ne ha fatto, per tradizione, una specie di giudice dei morti.

C'E' NATURALMENTE ANCHE UNA DIVERSA (ERETICA) INTERPRETAZIONE DELL'EPOPEA CHE TRATTO IN UNA PAGINA INTERNA [NEW VISION]


 

Rappresentazione forse di Gilgamesh

Enkidu l'uomo selvaggio

Gilgamesh contro i leoni.

                                         Altri reperti iconografici                


Tavoletta XI dell'Epopea

Maschera di HUMBABA il mostro (robot?)della foresta dei cedri.

Ancora Gilgamesh contro i leoni

        

La madre dea Ninsun


                LE DODICI TAVOLE DELL'EPOPEA DI GILGAMESH          


                                    TAVOLA   I 

                      TAVOLA   II

                                    TAVOLA   III

                      TAVOLA   IV

                                    TAVOLA   V

                      TAVOLA   VI

                                    TAVOLA   VII

                      TAVOLA   VIII

                                    TAVOLA   IX

                      TAVOLA   X

                                      TAVOLA   XI

                        TAVOLA   XII

                      

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