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Anche
i Caldarera in Seccheto
vennero a lavorare e con grande costanza riuscirono a
fabbricare sul mare uno dei più belli… alberghi dell’isola.
Erano una famiglia siciliana che da operai trasformarono i figli
in bravi albergatori.
Tutte queste razze di immigrati gia nominate hanno fatto la
fortuna di Seccheto e lasceranno per sempre un’ impronta della
loro operosità., perché i sardi hanno costruito pensioni e case
e gli altri delle belle ville per le vacanze. Anche la scuola fu
costruita ben più adatta della piccola stanza ove insegnai i
primi anni del dopoguerra ed ebbe anche l’alloggio adiacente per
l’insegnante ed il riscaldamento grazie all’impegno del
Comune. Poi ormai c’era la possibilità di non avere più la
pluriclasse, ma un insegnamento armonico con più insegnanti.
Negli anni ’46-’47-’48 durante la mia epoca, i bambini
venivano con gli zoccoletti di legno e borsine di stoffa
amorosamente cucite dalle mani fatate delle loro mamme e quando
l’inverno faceva freddo, accendevamo il fuoco nel caminetto ed
io mi mettevo i bambini intorno come fossi stato una chioccia con
i propri pulcini. Spesso li portavo sull’aia poco distante dalla
scuola a fare ginnastica che serviva per scaldarli ed anche perché
il programma scolastico lo esigeva. Sull’aia gli agricoltori
trebbiavano il grano battendo con il “vergolato” , che era un
arnese composto da due bastoni legati l’uno all’altro, ma
snodati, in modo da tenerne uno in mano e picchiare l’altro
sulle spighe sciolte nel terreno. A proposito del vergolato , si
dice che al tempo delle scorribande dei pirati saraceni nel
medioevo, alcuni mori sbarcarono in Seccheto per rifornirsi di acqua e viveri e per depredare gli abitanti.
Nave scolpita
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Senonchè
capitarono proprio quando la gente trebbiava e maneggiava il
pergolato, e furono presi da tanto spavento da fuggire gridando:-
Si salvi chi può…C’è un’arma che s’arronchia e si
distende! Certamente questo fatto farà parte delle solite
leggende del popolino, ma se si guarda bene il
vergolato, ormai rimasto attaccato al chiodo in tutta la
zona, appare così buffo come arnese…non tanto comune. Il grano
nessuno si preoccupa più di seminarlo ora a Seccheto, perché è
più facile comprare la farina dal bottegaio che fere tanta fatica
inutile. Nelle nuove case della zona non esiste granaio, né
fienile, perché asini non se ne vedono più e tutto è stato
trasformato in utile per il turismo.
L’ingegnosità degli
scalpellini va oltre ogni limite: ognuno è un artista nato e
cresciuto in mezzo a opere d’arte che i vecchi hanno sempre
creato per necessità o “per belluria”. In ogni piazza, intesa
come piccolo sedio davanti all’abitazione, c’è un bel tavolo
di granito di ogni forma e dimensione che certamente non tarla
mai, col suo pancone in pietra e la pergola per mangiare e bere al
fresco dopo le ore trascorse a lavorare in cava,dove diventi moro
anche all’ombra per il riflesso del sole. Nelle case si vedevano
panchine, colonnine, tavoli a meraviglia lucidati, grosse pigne,
pestatale, posacenere e tante altre cose artisticamente concepite.
Molti non sanno immaginare quanta fatica occorre nel lavorare,
spellandosi le mani o pestandosi le dita con il mazzuolo come
succede talvolta anche ai più pratici operai.
Cava in Valle
buia |
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Il granito ha
sempre voluto le sue vittime ed è sempre stato assetato di
sangue, specie nelle cave, dove frane improvvise hanno schiacciato
l’uomo intento al suo lavoro, o gli hanno amputato dita, gambe,
rendendolo invalido per sempre. E penso sia inutile citare i nomi
,perché la lista sarebbe troppo lunga e troppo triste, così come
le vittime del mare.
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