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Ma
pur qualcosa bisognava sacrificare per il benessere della zona!
Intanto i giovani che volevano proseguire gli studi potevano
usufruire del trasporto pubblico gratuito fino a Marina di Campo,
e da qui fino al Capoluogo per le scuole superiori. Seccheto si
fece verde e fiorito, il caloncino e la piccola baia si riempirono
presto di natanti di ogni tipo e nei pochi anni ’60-’70-’80
quei luoghi furono ricercatissimi: dovunque si parlò e si scrisse
di quelle scogliere e di quel mare meraviglioso. I panorami
lucenti, la buona pesca, le spiagge ben assolate di Cavoli,
Seccheto e Fetovaia ben presto drogarono la gente e gli stranieri
si cossero al sole lucente elbano lieti e beati. Con i miei
colleghi di Portoferraio riuscii persino ad impiantare una Colonia
Marina scolastica a turni di trenta ragazzi nella nuova scuola di
Seccheto in estate. Come dormitorio adoperavamo lo spazioso
magazzino di Milva e Umberto che distava poche decine di metri
dalla spiaggia.
Prima la popolazione delle campagne si serviva
dell’asino per il trasporto del materiale ed era l’animale più
importante per il lavoro in campagna, ma il contadino teneva anche
una capra, il maiale, le galline ed i conigli per nutrirsi.
L’asino andava tenuto bene, custodito accuratamente, ferrato e
nutrito. |
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A Seccheto c’era un artigiano famoso per la sua abilità
nel costruire le barche e nella riparazione degli arnesi da
lavoro. Si chiamava Lupi Domenico ovvero “il Toni” che aveva
proprio vicino al mare un’ attrezzatissima fucina dove forgiava
i ferri per i somari e perciò da tutte le campagne correvano da
lui anche quando avevano bisogno per costruire barche e gozzi. Era
un uomo ingegnoso, astuto, abile, che s’intendeva anche di maree
di pesca ed aveva compiuto diverse volte il tragitto
Seccheto-Pianosa a remi e a vela.
Golfo di Seccheto
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Aveva
molti figli ai quali impartì con maestria l’arte del pescare
polpando, del tirare la fiocina, di adoperare le nasse, reti,
lampare, palamiti. Nella sua officina c’era di tutto per fare il
maniscalco, il meccanico, il falegname e faceva soffiare quel
grosso mantice sul fuoco per arrossire il ferro. In Seccheto
c’erano solo tre o quattro barche a motore negli anni
‘40-’50, ma dopo la sua venivano quelle di Simone e Pisani,
perché lui faceva una calafatura impareggiabile.
Pescatori |
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Allora le
famiglie erano numerose e c’era sempre bisogno di bravi
artigiani così Nanni Gazzà era preciso in falegnameria, per le
doghe veniva il bottaio,
per il vino il sensale, che calcolava il raccolto gia sulle
viti,
per le scarpe utili ma rare in quei tempi veniva il
calzolaio che restava molti giorni nella zona a riparare le suole
per tutti. Venivano anche i polentoni, così chiamati gli emiliani
con le vesti di velluto che davano loro l’aspetto di forza e
tenacia. Mangiavano polenta, aringhe e baccalà e poi…giù vino!
Infatti ne avevano forza, ché i colti li facevano con grande
abilità ed aiutavano validamente i contadini nel lavoro di
segantini; prendevano 30 centesimi al mCubo nel colorare la vigna.
Veniva ogni tanto anche “Tatò” con la sua sciabica nelle
belle serate di luna ed era una gran festa fare mattanza sulla
spiaggia con tutti gli abitanti che aiutavano nel tirare la corda
delle reti fino a che il sacco pieno di pesce guizzante non veniva
gettato sulla riva del mare. Allora era festa ed ognuno poteva
godere di quel buon cibo con pochi soldi spesi bene. Poi negli
anni ’50 vennero numerosi i sardi e si sposarono le secchetaie,
mentre milanesi, genovesi, siciliani, fiorentini,dove loro era
permesso, comprarono e costruirono belle casette.Intanto i Razzu,
i Masia, i Brandino e i Petrocchi, gente onesta e laboriosa,
formarono con altri isolani del capoluogo i nuovi nuclei familiari
e i Bracciotti, Fiesoli, De Luca, Kirkchner, Hachspaker ed altri
rimasero gli eterni innamorati del piccolo paese e ne fissarono la
residenza. Certo ora le famiglie non erano formate più da tanti
figli come una volta lo fu quella dei Rocchi, la cui madre
chiamata “la Rossa” ne partorì ben tredici, o come quella dei
Batignani che erano una decina, o quella del Catta GioBatta la cui
moglie Fermina ebbe sette robuste femmine e due maschi da tirare
avanti. Le nuove generazioni si sono emancipate, hanno girato il
mondo, hanno avuto modo di aprirsi la mente verso una società più
aperta, più consona alle esigenze della vita moderna, e ci sono
stati più attenti.
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