CAPITOLO 4  <<       >>



 Poi con fascine infiammate ridotte a carbone riusciva a cuocere le pietre e a fornire quella calce resistente e pura come non esiste più. Quest’uomo restava notti e giorni su quei dirupi a lavorare aiutato solo dalla sua volontà, animato da un forte senso pratico in compagnia del suo asino  e della sua catana, dove certamente conservava la fiasca ben piena del suo buon vino e qualche manciata di fichi secchi con michette. Oggi molte case di Seccheto che hanno avuto modo di essere state costruite con quella calce sono le più resistenti a tutte le intemperie, specie in una zona così poco distante dal mare che produce salmastro molto corrosivo.

 Altri uomini delle nostre campagne riuscivano a compiere imprese che sanno oggi di leggenda, come fare i colti in collina per la vigna, 

col trasporto a spalla dei ritti di granito e delle cantonate destre e sinistre per le  mura, nonché delle ballette di cinquanta e cento chili di cemento o farina trasportate dalla spiaggia alla mulattiera dove attendeva il paziente somaro. Così pure avveniva per prelevare sabbia dalla spiaggia. Allora il granito lavorato veniva trasportato all’imbarcatello sul mare, prima con la lizza, poi con l’asino,finché non arrivò un buon cavallo che serviva meglio. Poi il forte Lillo aggiunse al cavallo un barroccio e dovettero passare molti anni prima che lui stesso potesse comprare un camion adatto al trasporto di soglie, scalini, pietre da costruzioni.intanto in cava il lavoro veniva pagato al metraggio, ma quanta fatica per il povero scalpellino…! Egli aveva la facoltà di lavorare anche in proprio guadagnando meglio specie dopo la formazione della cooperativa con sede in San Piero.Con quella il lavoro veniva meglio pagato, perciò non ci fu sfruttamento da parte di nessuno e con una ottima amministrazione tutti potevano assicurarsi anche le marchette per la pensione. Con il fallimento della ditta Mellini negli anni ’40 si erano fermati i vagoncini per il trasporto del granito ed era tornato il lume a petrolio. Intanto la proprietà dei combattenti reduci ex Zimmeri era passata in mano all’Ing. Federigi di Roma e si trattava di una tenuta di parecchi ettari di terra. Anche negli anni ’50 era molto dura la vita, specie coni viveri a tessera, ma si usciva da un clima di guerra infuocato, dove tutti i giovani avevano, chi più chi meno, sofferto su tutti i fronti di guerra o in prigionia, negli anni lontano da casa. Tutte le famiglie avevano tremato per la sorte dei loro cari chiamati a fare un’ingiusta guerra, quindi si sopportava con più rassegnazione il periodo di rinascita nazionale. 


 

Il Ponte

Poi con la strada a Seccheto arrivò anche il benessere, infatti fu più facile costruire case con l’uso dell’elettricità e con il compressore in cava, l’uomo si sentì ristorato dalle fatiche e con più comodi a disposizione: le donne non lavavano più nel fosso e le case ebbero il loro riscaldamento, la lavatrice, il frigorifero, il gas, tutto a beneficio dei secchetani e delle frazioni vicine.La strada che unisce Seccheto a Marina di Campo fu costruita dalla ditta Innocenti ed io che ho assistito momento per momento alle varie fasi di smantellamento della roccia con dinamite posso dire che Franco fece un buon lavoro. Certamente il punto più difficile lo trovò al “Ciglio Rosso”,perché il posto è a picco sul mare e la pietra è in certi punti friabile, tant’è vero che per caduta di massi è stata imbrigliata con rete metallica. Non bisogna pensare che tutto filasse liscio:ci furono polemiche, soste, divieti, scioperi, ed anche io dovetti darmi da fare scrivendo sui quotidiani e come consigliere comunale per far rilevare le grandi necessità che urgevano nel paese. Sapendo pure che le vespe rodono cattivi frutti e la calunnia i migliori, ho dovuto sempre lottare contro persone contrarie allo sviluppo della zona di Seccheto e, come altre volte nella vita ho penato molto a far risplendere la fiammella della mia esistenza, pur con un cuore rattoppato da due interventi alla Mitrale e relativi Pace-Maker. Nel campo dello sviluppo della zona ci mise una buona parola il Comm.re A. Mellini che aveva buone aderenze a Roma e una bella villetta sul mare del calello. L’elettricità portò la luce in ogni angolo del paese e rese più facile il lavoro degli scalpellini, inoltre si poteva camminare meglio sulla corte fuori casa se si usciva di notte. Arrivò la televisione e con essa un po’ di spettacolo e di cinema, ma con la civiltà e il progresso avanzante arrivò la gente che si innamorò subito di quei luoghi incantevoli, così il turismo prese piede e le richieste di alloggi per le vacanze estive furono moltiplicate. Arrivò anche l’ufficio postale, l’ambulatorio e la fognatura. In seguito sulla strada lavorò anche la ditta Federigi e la Sales. Il traffico iniziò a imperversare e con esso il rumore, le tende, le roulottes, i ladri e gli speculatori. Quella parte dell’isola così tanto vergine fino ad allora cominciò ad essere sfruttata: nacquero ville signorili, alberghi in ogni luogo, arrivarono i soldi per tutti a scapito della tranquillità, e maggiormente le automobili con i motoscafi.

      <<         >>