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Biografia (gr. Heródotos).
Storico greco (Alicarnasso ca. 485-forse Atene ca. 425 a. C.).
Appartenne a una famiglia assai influente nella quale il sangue greco
si mescolava con quello cario. Per sfuggire alle persecuzioni di
Ligdami II, che governava sotto il protettorato persiano, E. sarebbe
fuggito a Samo, di dove rientrò in patria dopo la cacciata del
tiranno. Già nel 454 a. C. intraprese una serie di viaggi, che lo
portarono ad Atene, dove pare abbia iniziato la composizione dei suoi
scritti, in Egitto, Fenicia, Mesopotamia e sulle coste del Mar Nero.
Via via raccoglieva materiale storico ed etnografico; nel 446 era di
nuovo ad Atene, intento alla stesura di altre parti della sua opera.
La loro pubblica lettura suscitò nella città fortissimo interesse;
se ne trovano echi nel teatro di un grande amico di E., Sofocle. A sua
volta il contatto con la capitale culturale del mondo greco d'allora,
dominata dalla personalità di Pericle, agì profondamente non solo
sulla cultura, ma anche sulla visione storica di E. e fece maturare più
chiaramente il disegno della sua opera. Nel 444 egli partiva alla
volta dell'Italia merid. con una spedizione inviata da Pericle a
fondare la colonia di Turi, sul luogo dell'antica Sibari. Gli eventi
successivi della sua vita sono assai incerti; quasi sicuro pare il suo
ritorno in Grecia e la pubblicazione, postuma, delle sue Storie
nel 425 a. C. Le Storie Le Storie ci sono giunte per intero, divise
dai grammatici alessandrini in 9 libri, ciascuno col nome di una Musa.
Il I narra la conquista dell'Asia da parte dei Medi e dei Persiani,
fino alla morte di Ciro il Grande. Il II libro riguarda l'Egitto,
prendendo lo spunto dalla sua conquista a opera del successore di
Ciro, Cambise. Il III libro prosegue con la morte di Cambise e la
presa del potere di Dario e l'ordinamento da lui dato all'impero. Nel
IV libro si hanno la spedizione di Dario in Scizia e quella del
satrapo Ariande a Cirene, con descrizione dei Paesi conquistati. A
questo punto l'attenzione si sposta decisamente verso l'Occidente e il
racconto diviene più lineare e serrato: prodromi delle guerre tra
Persiani e Greci, con l'insurrezione della Ionia (libro V); partenza
degli eserciti di Dario e loro sconfitta a Maratona a opera degli
Ateniesi nel 490 a. C. (libro VI); successione di Serse sul trono di
Persia e nuova, più grandiosa spedizione in Grecia per terra e per
mare, lo scontro delle Termopili (libro VII); evacuazione di Atene da
parte degli abitanti, animati da Temistocle, occupazione della città
da parte dei Persiani e loro clamorosa sconfitta nelle vicine acque di
Salamina, l'anno 480 a. C. (libro VIII); ulteriore sconfitta della
spedizione per terra a Platea, l'anno successivo, e conquista di Sesto
sull'Ellesponto da parte degli Ateniesi nel 478 a. C. (libro IX). La
varietà del materiale riunito nell'opera, le frequenti digressioni
etnografiche e romanzesche, la sproporzione delle parti hanno fatto
nascere spontaneamente il problema della sua composizione: se E.
avesse ben chiaro un piano di lavoro fin dall'inizio, o se esso sia
venuto maturando solo successivamente. La
critica La teoria oggi più accreditata è quella
enunciata da Gaetano De Sanctis, secondo la quale E. sarebbe partito
con l'idea di comporre un'ampia trattazione etnografica sulla Persia
(non si dimentichi che simili composizioni erano allora, agli albori
della storiografia, assai diffuse, e che gli storici non erano se non
logografi, o compositori di racconti monografici). L'incontro coi
Greci, tra i diversi popoli con cui entrarono in contatto i Persiani,
con le guerre che ne derivarono, unito alla conoscenza diretta che lo
scrittore acquisì del popolo greco all'apogeo della sua creatività
civile e artistica, mutarono a questo punto il disegno, spostandolo
dall'etnografia alla storia e all'esaltazione ammirata delle gesta di
una nazione libera contro i potenti barbari. Certo l'opera di E.
conserva gli interessi e il fascino delle fantasie primitive. In lui
lo stupore, la meraviglia, la favola sono continui; ma a essi si
uniscono una coscienza via via più chiara dei valori fondamentali
della storia, la critica razionalistica delle tradizioni, una visione
personale, e pessimistica, dei destini degli uomini e delle nazioni,
non molto diversa, per certi aspetti, da quella dei grandi
tragediografi del suo tempo. Allo stesso modo il suo stile,
nell'apparente semplicità di un racconto primitivo, ha una sapienza
consumata di composizione e una scioltezza ineguagliata nella stessa
prosa greca successiva. E. sarà per gli antichi il padre della
storia, e chi poi discuterà o negherà il valore scientifico della
sua opera non potrà negarne l'alto valore artistico. Le fonti Le fonti ricordano diverse sue statue-ritratto.
Una doppia erma del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, in cui E.
è raffigurato insieme con Tucidide, ha permesso di identificare altri
suoi ritratti, risalenti a un archetipo scolpito dopo la sua morte e
forse addirittura di età romana.
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